“Buongiorno! Anche lei qui!”
“Buongiorno”
“E’ un po’ che non ci vediamo”
“Come sta sua moglie?”
“Bene, dottore. Aveva ragione, ora con gli attacchi di panico va molto meglio”
“Benissimo, mi fa piacere”
“Ora sono io che ho mal di schiena. Temo sia un ernia”
“Ah, mi spiace”
“Non è che potrebbe..”
“Cosa?”
“..farmi un po’ di fisioterapia?”
“Sono psicologo, non fisiatra”
“Sono anche disposto a pagare”
“non è questione di soldi: non è il mio mestiere”
“Almeno una lastra?”
“Guardi, anche fossi radiologo, e non lo sono, non avrei gli strumenti”
“Anche la circolazione mi fa qualche scherzo. Forse avrò bisogno di un bypass”
“Mi ascolti attentamente. N o n s o n o u n c h i r u r g o”
“Oh, insomma, lei non è proprio disponibile””
“Sono uno psicologo, lei lo sa, gliel’ho ripetuto”
“vabbeh, lavora con l’essere umano, no?”
Non vi è chi non veda l’assurdità di questa scenetta.
Se sostituissimo però essere umano con computer (e psicologo, radiologo, medico con programmatore, sistemista, informatico..) il dialogo diverrebbe perfettamente sensato per il 99% della popolazione di questo paese.
Certo, la medicina ha alcuni millenni di storia, l’informatica un po’ meno. E i palinsesti sono pieni di telefilm ambientati negli ospedali. Ma anche con la recente ingegneria la metafora potrebbe reggere: nessuno chiederebbe ad un ingegnere meccanico di costruire un circuito integrato, ad un elettronico di progettare un ponte..
L’informatica invece -nonostante sia parte delle nostre vite quotidiane da decenni e nelle case da almeno vent’anni- resta spesso avvolta, agli occhi dei più, da un alone mistico – sciamanico. Cosa che può dare un potere (da sfruttare, per soldi, o altro) o essere una dannazione, se il sacerdote di turno è sufficientemente onesto. Agli occhi dei profani lo sciamano, per definizione, usa la sua magia con un semplice ed istantaneo attodi volontà, non con competenze, esperienza ed lungo, duro e costante lavoro.
Sarà anche la terza legge di Clarke[1].
Ma ho la sensazione (e i dati sul digital divide probabilmente lo confermano) che nel nostro paese siano più frequenti che altrove alcuni fattori, tra cui:
1. scarsa cultura tecnico – scientifica (se quella umanistica non sta benissimo, quella scientifica sta peggio – basti pensare al terrore che la sola parola “matematica” talvolta suscita – e spesso si intende poco più dell’algebra),
2. minore abitudine ad investire sulle risorse umane e valorizzare le competenze, e
3. ampia diffusione di realtà medio piccole.. in cui c’è “quello dei computer” che fa tutto.
So che da qualche parte esistono realmente luoghi mitici in cui non solo il sistemista fa il sistemista, il tecnico di rete fa il tecnico di rete, l’amministratore di database fa l’amministratore di database, il grafico il grafico, ed il porgammatore fa il programmatore, ma c’è pure il programmatore java per applicazioni desktop e php / .net / python.. per il web, lo sviluppatore di interfacce – programmatore lato client (jQuery su tutti), magari persino l’esperto di usabilità e interazione uomo macchina… però sono frequenti le realtà medio piccole in cui non v’è neanche la percezione del fatto che un disgraziato fa, da solo, il lavoro di un’azienda con almeno cinque specialisti diversi. (O, all’altro estremo, un maneggione che magari crea più problemi di quanti ne risolva, campa sulla scarsa conoscenza altrui grazie a questo alone di mistero e qualche supercazzola [2] ben piazzata)
In ogni caso le competenze contano poco, e non sempre è scontato riuscire a spiegare la differenza tra compilare qualche dato in un foglio excel e realizzare un software (ideare, progettare, fare l’analisi, creare il database, sviluppare il codice, testare, metter in produzione..)
M’è capitatodi vivere situazioni di questo tipo (e cakephp è stato fondamentale come RAD,per sfruttare al massimo il poco tempo e limitare i danni della frammentarietà), quindi sarei curioso di conoscere altre esperienze.. da tutti i programmatori (ma non solo) in condizioni simili a quelle sopra accennate: come si sopravvive?
Quali tecniche per relazionarsi con i non tecnici (clienti, altro personale, capi..) e riuscire comunque a lavorare con un minimo di continuità e produrre qualcosa? Come si fa fruttare al meglio (per l’azienda, l’organizzazione, la collettività, oppure.. per se) le opportunità e gli stimoli di una situazione simile – trarre i vantaggi dell’essere al servizio di altre, anche notevoli e diverssissime, professionalità, limitando le difficoltà?
—
“Riiing!”
“Pronto?”
“Dottore, sono sempre io, avrei un problema di emorroidi”
“..E io che non credevo in dio”
—
[1] “Qualiasi tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”
http://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_Charles_Clarke
[2] Un piccolo omaggio al maestro recentemente scomparso